Le donne del vino - le 10 interpretazioni femminili del vino che non puoi non assaggiare

“Dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna” disse Virginia Woolf dedicando un pensiero a tutte quelle donne che contribuirono al successo di uomini che la storia racconta, ma rimanendo all'ombra.

Diciamo che all’alba del XIX secolo possiamo concedere questo stare dietro, ma oggi suonerebbe meglio un affianco, oppure grandi e basta, uomini o donne che siano.

 

Vini delle donne

 

Anche un grande uomo della musica come Bob Dylan al ritmo del suo rock poetico di “The man in me” ci canta la sua versione dei fatti:

The man in me will do nearly any task

And as for compensation, there’s little he would ask

Take a woman like you

To get through to the man in me

[…]

Take a woman like your kind

To find the man in me […]

Lalla lala lalla lalalla lalalà lalala lalalla lalla lalà…impossibile resistere a non riascoltarla da capo!

Letteratura, musica…e con il vino cosa centra? Ma il vino si sa! È sia musica che racconto e oggi noi di Galli Enoteca vogliamo farti venire sete di tutti quei vini nati dall’intelligenza e dalla sensibilità femminile.

Di cosa, o meglio di chi, parleremo oggi?

 

 

LE DONNE DEL VINO - PASSATO E PRESENTE

Sappiamo che le donne producono vino da tempi non sospetti, (le prime furono addirittura le egiziane) ma di nascosto dai pregiudizi di chi lo avrebbe considerato un lavoro esclusivamente maschile, disdicevole addirittura, come molti altri del resto.

Dal XX secolo finalmente le cose cambiano, alle donne inizia ad essere concesso frequentare scuole, corsi di ogni tipo e lentamente affacciarsi a diverse attività, tra le quali, anche quelle di cantina.

 

Le donne del vino

 

Dobbiamo però attendere il XXI secolo per vedere le prime enologhe, le prime vignaiole, le prime donne del vino, sia alla direzione di aziende che sommelier, giornaliste, critiche, ecc.

Il vero cambiamento è che oggi, da sole, senza uomini (né davanti né affianco) sono delle vere e proprie imprenditrici di successo, dimostrando a pieni voti il loro talento.

È dunque arrivato il momento di passare ai fatti, al vino e soprattutto agli assaggi.

Partiamo dalle Marche, con uno tra i migliori metodo classico.

 

LIANA PERUZZI

 

Liana Peruzzi

 

Siamo a Monte Roberto nel 1979 quando Bruno e Dolores Peruzzi decidono di trasferirsi nelle Marche lasciando i figli ormai grandi a Vicenza.

Tre ettari di terreno incolto e pieno di rovi, con ai piedi un piccolo fiume e tante querce lungo la strada bianca. Bruno e Dolores si rimboccano le maniche e iniziano a ripulire.

Questa terra è perfetta per produrre uva perché è tutta collina esposta a sud-est, il terreno è argilloso e si trova proprio al centro della zona di produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Così Bruno e Dolores mettono a dimora le loro viti e un centinaio di olivi. Il Verdicchio è l’uva più indicata per la zona, soprattutto per ricavarne spumanti.

Il primo metodo classico esce nel ’88 e visto il successo, decidono di costruire una cantina interrata per un affinamento più appropriato.

Nel frattempo la figlia Liana, che ogni estate raggiungeva i genitori nelle colline marchigiane, nutriva un sentimento di nostalgia ogni volta che doveva ripartire per Vicenza e lasciare Monte Roberto, tanto che anche lei decide nel 1997 di lasciare il Veneto e impegnarsi nella azienda di famiglia.

Liana rileva l’attività nel 2000 e la inserisce nella lista delle Aziende a Conduzione Biologica. Sulle orme del padre, prosegue con passione questa attività che soddisfa in pieno il suo desiderio di vero contatto e interazione con la Natura.

Lo Spumante Peruzzi si distingue: è un prodotto sincero, puro e senza artificio alcuno, che rispecchia perfettamente le caratteristiche del territorio da cui si nutre. Ottenuto da uve BIO raccolte a mano dopo attenta scelta in vigna, e lavorate a freddo per ridurre al minimo le manipolazioni del prodotto. La produzione è volutamente limitata per non perdere in qualità. La maturazione è di 40 mesi sui lieviti in bottiglia.

E' uno spumante ideale per l'aperitivo e per tutto pasto. Ottimo anche con le fritture. Il sapore dello spumante Verdicchio è asciutto, armonico, con gradevolmente retrogusto amarognolo, al naso è delicato e caratteristico con un delicato sentore di mandorla amara.

 

 

 

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Rimaniamo nelle Marche e ci spostiamo nel comune di Morro d'Alba, terra di rossi e culla del rinomato "Lacrima di Morro d'Alba", ma qui nasce anche un grande Marche Bianco.

Scopriamo insieme:

 

 

SILVIA GIORGETTI - IL GELSO MORO

 

Gelsomoro

 

L'azienda agricola Il Gelso Moro nasce nel 2004 grazie a Silvia Giorgetti. Le varietà coltivate sono quelle autoctone quali Lacrima e Verdicchio. Sono inoltre coltivate altre due varietà di uve a bacca rossa quali Montepulciano e Sangiovese.
L'azienda agricola però, non si occupa soltanto di viticoltura, importanti sono anche la produzione di Olio Extravergine di Oliva derivante da un oliveto di 0,5 ettari, e la produzione di frutta, cereali, leguminose, semi. Silvia ripone estrema attenzione alla protezione dell'ambiente e della natura e sceglie di lavorare solo con metodi biologici. Il terreno aziendale è di tipo argilloso-calcareo e viene esclusivamente nutrito con preparati biodinaminici e trattato con la tecnica del sovescio.

La vinificazione, che avviene in cantina di terzi, prevede che la fermentazione sia spontanea con soli lieviti indigeni ed avvenga in vasche di acciaio o cemento. L'affinamento del vino prosegue nei medesimi contenitori e, solo in parte, in legno. Anche l'uso di solforosa è limitato.
La sostenibilità aziendale è anche confermata dalla loro adesione a VinNatur, associazione che ha lo scopo di unire e sostenere i vignaioli nella ricerca, promozione e divulgazione di un ideale di vino naturale, prodotto nel rispetto della natura e della vite sia nelle fasi di coltivazione sia nella successiva lavorazione del vino in cantina, eliminando in primo luogo l'utilizzo di agenti chimici tossici e dannosi.

Il Bianco Gelsomoro si presenta nel calice con le caratteristiche più riconducibili al vitigno autoctono da cui proviene. colore giallo con tenui sfumature tendenti al verde. un corpo che risulta pieno, ricco di polpa, e con una freschezza data dalla buona acidità. Nel vino si riconosce chiaramente l'influenza del mare che in linea d'aria risulta estremamente vicino. Una vicinanza che si traduce con un lato più salino e minerale del vino.

Il Rosso il rosso di Silvia è elaborato esclusivamente con lieviti indigeni. Il Montepulciano e il Sangiovese sostano solo in acciaio, il vitigno lacrima affina in legno per circa 18 mesi.

Il rosso è fluido e pulito, mostra il carattere fruttato in perfetto equilibrio con le note rilasciate dal legno e il tannino è rotondo e ben compatto. Il Gelsomoro è un vino che rappresenta perfettamente la vinificazione dei vitigni rossi marchigiani. In tavola si abbina bene con carni alla griglia e formaggi. Il primo sorso sorprenderà anche i vostri commensali.

 

 

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Passiamo in Abruzzo, da antica famiglia di orgine bulgara che riparò in Italia nel 1560: la famiglia Ciavolich:

 

CHIARA CIAVOLICH

 

Chiara Ciavolich

 

A metà dell’ottocento viene costituita a Miglianico la prima cantina, che oggi Chiara Ciavolich con grande determinazione e cura, ha recuperato e ristrutturato completamente.

I Ciavolich si insediano a Loreto Aprutino dopo la guerra, con un appezzamento di terreno di circa 50 ha. Nel 2004 una scossa energetica come un “benefico terremoto” entra in cantina con il nome di Chiara Ciavolich.

Da subito si concentra esclusivamente sul territorio di Loreto Aprutino, applicando agricoltura integrata, produzioni artigianali ma con taglio contemporaneo.

Una sfida di valorizzazione del territorio racchiusa sotto le etichette Fosso Cancelli, riferite alla contrada dove sono poste le vigne, con metodi tradizionali.

Questa linea si interseca perfettamente nella cultura di Chiara, che vuole fotografare un’epoca e un carattere di produzione dei vini.

La volontà è quella di dare valore, attraverso il vino, alla propria storia e al proprio territorio, alla sua arte e alla sua cultura.

I vini di Chiara spaziano dai bianchi Cococciola e Trebbiano, al rosato Cerasuolo fino al Montepulciano d’Abruzzo e Montepulciano Fosso Cancelli in anfora e su lieviti indigeni.

 

 

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Attraversiamo gli Appennini in direzione Toscana, da un’altra donna del vino che non può non farvi innamorare dei suoi vini e della sua energia.


 

 

GIOVANNA MORGANTII - PODERE LE BONCIE

 

Giovanna Morganti Le Boncie

 

Arrivati al Podere Le Boncie a Castelnuovo Berardenga si sono già percorsi diversi chilometri attraverso i boschi. Un paesaggio magnifico, pieno di natura. Giovanna Morganti da sempre quella natura la difende.

Insofferente alle convenzioni, distante dalle consulenze degli enologi, è tra le prime produttrici a farsi largo nell'ambiente dei vini naturali, in tempi in cui non andavano certo di moda.

Giovanna Morganti è oggi un punto di riferimento per produttori e commercianti di vino. Il suo podere conta 4 ettari in totale, vigne coltivate tutte ad alberello, su suoli sassosi molto simili al territorio di Gaiole in Chianti, dove la componente limosa regala al sangiovese un'estrema finezza.

Il tocco magico di Giovanna permette ai vini di raccontare tutto sulla composizione dei suoli. Di questo vino non ci si stancherà mai di parlare e lei lo fa rientrare in quella ristretta schiera de “i vini del cuore”, quelle bottiglie che non devono mai mancare in cantina e che si è sempre pronti a stappare.

Terragno, godurioso ed elegante, tre modi di interpretare il sangiovese di Le Trame. Umorale, timbrico, si mostra e si apre nei suoi effluvi con una mineralità rocciosa ed ematica cadenzata ed accompagnata da una complessità di profumi in continuo divenire tanto che staccare il naso dal bicchiere è impresa assai difficile e si finisce con il trascurare il pranzo o la cena. Note animali di cuoio e pelle, frutti di mirtilli, sensazioni floreali, sensazioni terrose, un leggero indizio di tartufo, tutto si mescola e riaffiora distintamente in sequenza. È privo di qualsivoglia banalità. Al palato è pieno e succoso, intrigante ed affascinante nella sua mineralità. Il tannino compiuto, ma ancora astringente e l’acidità presente ci fanno immaginare quel che sarà in futuro.

Aspettarlo a lungo è impresa difficile ma per i più pazienti bevitori l’attesa sarà una meritata ricompensa.

 

 

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Cambiamo direzione e spostiamoci al nord, in Trentino, a Rovereto per l’esattezza. Molti di voi avranno già capito di chi stiamo parlando, la donna che ha reso unico il suo Pinot Nero.

 

 

ELISABETTA DALZOCCHIO

 

Elisabetta Dalzocchio

 

Nata nel 1979, l’azienda agricola è costituita da due ettari di bosco e due di vigneto di Pinot Nero.

Circondata da montagne, boschi, querce e conifere, è immersa in un ambiente unico e, anche grazie alla brezza che costantemente spira dal Lago di Garda, gode di un microclima quanto mai adatto alla vite e al Pinot Nero in particolare. I vigneti hanno da 20 a 40 anni e sono condotti in armonia con la natura da sempre e certificati biologici dal 2001.

Le rese non superano i 50 quintali/ettaro per garantire equilibrio della vite e alta qualità del vino. Si vendemmia a mano, deponendo le uve in piccoli contenitori. Cernita di grappolo in grappolo, per avere solo il meglio.

La vinificazione avviene in tini di rovere aperti, la fermentazione è spontanea, nel rispetto della tradizione. Il vino viene invecchiato in fusti di rovere da 228 litri per 18 mesi, in pieno stile francese.

Il contenuto di solforosa è infinitesimale. Nella cantina di vinificazione lo stile moderno si fonde con l'ambiente circostante grazie all'uso del legno e della pietra rosa locale, mentre la maturazione dei vini avviene nella tranquillità degli ambienti del vecchio maso rurale.

Il vino è rosso rubino scarico, al naso è ricco e complesso con note erbacee e più intense di bosco. In bocca è elegante, dritto e snello, con una chiusura mandorlata molto piacevole e qualche nota terziaria che si evidenzierà negli anni.

Anche in questo caso vale la pena saper aspettare.

 

 

 

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Tappa intermedia nella zona più conosciuta per il metodo classico italiano: la Franciacorta. Giuliana, figlia di Nelson Cenci e artefice insieme a lui di tutto quello che oggi costituisce Vigneti Cenci.

 

GIULIANA CENCI - VIGNETI CENCI

 

Giuliana Cemci Vigneti Cenci

 

Nata a Milano decide di trasferirsi in Franciacorta all’inizio degli anni ’80, con i figli ancora bambini, per stare vicino a suo padre e soprattutto per far crescere l’azienda vinicola costituita per gioco e per passione qualche lustro prima proprio da Nelson.

Giuliana ha sempre creduto molto nelle potenzialità della Franciacorta e nella forza di questo territorio. Ha investito tutta la propria vita nella costruzione e nello sviluppo dell’azienda puntando esclusivamente su qualità e rispetto del territorio.

Lo spirito imprenditoriale e lo sguardo lungimirante furono la leva per decidere di partecipare, unitamente ad altre trenta cantine, alla fondazione del Consorzio Franciacorta, ormai vero e proprio riferimento per la produzione di bollicine italiane.

I Vigneti Cenci sorgono ai piedi del Monte Orfano a Cologne, nell’estremo meridionale della Franciacorta.

Il segreto dei loro vini? Il Monte Orfano, il suo "terroir" e il suo clima che, insieme al Pinot Bianco, costituiscono gli elementi essenziali alla base dei Franciacorta Vigneti Cenci.



La mineralità del Monte Orfano e il clima ben soleggiato, ventilato e asciutto, permettono alle uve dei Vigneti Cenci, e in particolare al Pinot Bianco, di esprimere il proprio meglio garantendo quei profumi floreali e fruttati che rendono unici i vini.

Vini minerali e maturi, con un gusto persistente e profumi freschi e fruttati.

 

 

 

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Spostiamoci in Liguria, Imperia, esattamente a San Biagio della Cima dove incontreremo un'altra donna del vino, imprenditrice con uno sguardo al futuro e contemporaneamente con una radicata e viscerale passione per il suo lavoro che la spingono ogni giorno a custodire l’ambiente e a difendere le tradizioni rurali.

Da pochi mesi nominata da Gambero Rosso “Viticoltore dell’anno 2022”, un grande traguardo o punto di partenza come lo si voglia guardare, per lei, per la sua azienda ma anche per tutte le donne che ruotano intorno al mondo vino.

 

 

GIOVANNA MACCARIO - MACCARIO DRINGENBERG

 

 

Giovanna Maccario - Maccario Dringenberg

 

Giovanna Maccario insieme a Goetz Dringenberg dirigono l’azienda a San Biagio della Cima, in provincia di Imperia, in una zona  particolarmente vocata alla viticoltura, tra la val Nervia e la Val Verbone.

Qui si produce principalmente Rossese di Dolceacqua riconosciuto con la DOC dal 1972: una varietà autoctona che vanta una lunga storia nella regione e da vini di grandissima piacevolezza e qualità.

In tempi non sospetti in questi luoghi già si parlava di “zona vocata”, di “vigna” e di vino diverso da zona a zona, da qui l’esigenza di creare una mappatura dei vigneti più significativi, le “Nomeranze” appunto che riflettono una storia lunga secoli e una reale varietà di esposizioni, suoli e microclimi.

La conduzione naturale è portata avanti con estremo rispetto e fedeltà verso il territorio.

Il rossese ha colore leggero, riflessi vividi, olfatto turgido e croccante, sorso agile e dinamico.

L’olfatto resta delicato pur esprimendo un intreccio complesso floreal-fruttato-speziato; la bocca esprime integrità e fierezza acida, di grande dinamismo e salinità in chiusura. Un assaggio di ogni Rossese per nomeranza sarebbe un'esperienza. Accontentiamoci delle poche disponibilità e prendiamola come un elevatissimo pregio poterne stappare anche solo una bottiglia.

 

 

 

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Continuamo diretti in Piemonte, a La Morra, da una giovanissima ed energica vignaiola. La chiamano Barolo Girl e questo basta per svelare subito la sua identità. 

 

 

GIULIA NEGRI

 

 

Giulia Negri Barolo

 

La sua grinta pura le fa brillare gli occhi quando ci racconta del suo lavoro e dei suoi vini.

Giovane ma già con una consapevolezza e una sicurezza che lascia immaginare a una nuova stella e ad una grande donna del vino.

Nonostante i primi riconoscimenti siano già arrivati, Giulia non manifesta mai, a parte un sano orgoglio, nè alterigia nè superbia, anzi!

Ha quell'umiltà socratica del "so di non sapere" e quella acuta determinazione che le ha fatto prendere in mano l'azienda di famiglia, stravolgendo in tutto e per tutto sia la coltivazione sia le attività in cantina.

"Scoprire non è sapere. Pensare di sapere fare il vino è un privilegio solo di chi non lo fa. Chi vuole fare vino deve metterlo nel conto. Non esistono dogmi. Solo chi erra, chi sa viaggiare attraverso le profondità dei suoli e delle radici, delle stagioni, dei venti e del clima potrà trovare la bussola."

Questo vuole diventare Barologirl: una bussola che sa di non sapere, che vuole capire; che di fronte al vino vuole, soltanto ed ancora, ricercare.

La sua è una cantina semplice, ordinata e pulita, con tonneau da legni austriaci pregiatissimi, frutto di una lunga selezione;  si affaccia su una parte dei vigneti e sulla tartufaia, con un panorama che si apre a perdita d'occhio e lascia spazio alla riflessione e a disquisizioni filosofiche.

Da qualche anno quindi Giulia fa il "Suo Vino", senza compromessi, in una terra già gloriosa, su cui ci si potrebbe anche adagiare solo sul nome Barolo.

Invece la sua ricerca e la sua sfida è proprio guardare al futuro con una nuova interpretazione.

Inizia tutto vinificando le raccolte dei vari vigneti, li lascia affinare separati e già dai primi assaggi si accorge che dalla botte del Serradenari il vino ha una marcia in più.

Diventa il suo fiore all'occhiello, il vino  che esprime il meglio del Cru: una terra alta, ventilata, fredda, minerale e floreale grazie ad un microclima caratterizzato da una costante brezza e da forti escursioni termiche fra giorno e notte.



ll suo bagaglio culturale francese lo si trova sia nella vinificazione senza blend dei suoi cru sia nella finezza dei suoi vini.

La Borgogna nel cuore la spinge a coltivare anche Pinot Nero e Chardonnay, provenienti entrambi dal vigneto la Tartufaia.

Due vini che puntano dritti verso lo stile francese, per finezza, eleganza, struttura e mineralià.

 

 

 

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Rimaniamo in Piemonte spostandoci più a nord, nella zona del novarese, a Maggiorana per l’esattezza, la zona dove il Boca è il protagonista dei vini rossi del nord Piemonte.

In questo caso non parliamo di una donna bensì di tre:

 

SORELLE CONTI - CANTINE DEL CASTELLO

 

 

Sorelle Conti Cantine del Castello

Cantine del Castello nasce nel 1963 dalla volontà di Ermanno Conti, come roccaforte per custodire la vinificazione tradizionale e vini a lungo invecchiamento, a difesa della tipicità territoriale.

Dal 2006 il testimone è passato alle figlie, tre sorelle entusiaste produttrici del Boca doc ‘il rosso delle donne’ lo amano definire.

Dopo percorsi formativi differenti, si sono ritrovate insieme ad occuparsi dell’azienda di famiglia, affascinate da un mestiere mai scontato, frutto di una combinazione di diversi fattori che vanno oltre il terroir, in un imprescindibile processo di cura profonda, indispensabile alla coltivazione della vite e alla vita stessa. Un passaggio di testimone che continua ad alimentare e a coltivare il sogno dei genitori, ma che ora si è trasformato nel loro.

 

 

 

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Continuiamo il nostro tour che termina (ma solo per motivi di spazio) con una tappa oltralpe per non farci mancare proprio niente per festeggiare le donne, del vino e non.

Uno Champagne è quel che ora ci vuole.

Figlia e sorella d’arte, dopo il fratello Charles e la madre Françoise Martinot, Julie dopo un cambio di rotta professionale decide nel 2012 di tornare a Landreville, cuore della Côte des Bar, dove si trova l’azienda di famiglia per decidere di rilevarne una parte. Stiamo parlando di 

 

JULIE DUFOUR

 

Julie Dufour

Dopo gli anni parigini, Julie è stata richiamata da "un bisogno naturale di tornare alle radici" come lei stessa dice.

Di poco più di 4 ettari ne vinifica solo una parte mentre il restante delle uve le conferisce, per dedicarsi appieno alla sua Cleobuline, cuvée di 50% Pinot noir e 50% Chardonnay coltivati in viticoltura biologica certificata. 

Oggi, l'obiettivo di Julie è quello di seguire due progetti professionali: continuare a fare il suo Champagne e ristrutturare un fienile per accogliere i suoi clienti affezionati.

 

 

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Bene! Grazie a coloro (audaci e coraggiosi) che sono arrivati fino a qui con la lettura, ma non è colpa di nessuno se sono tante le donne del vino e tanto hanno da raccontare.

Ora però arriva la parte più bella e non vi resta che brindare con una donna, con un vino nato da una donna e a tutte le donne, come augurio di successo a tutte coloro che stanno emergendo, nel settore vino e non solo!