Larion Bianco Daniele Piccinin 2023
Larion Bianco Daniele Piccinin 2023
Servire a: 10°-12°C
Tipo di bicchiere

Larion Bianco Daniele Piccinin 2023

PICVIBMXX
14,00 €
Tasse incluse

Il Larion di Daniele Piccinin è composto da chardonnay per l'85% e durella. Tutte le uve provengono dai Vigneti di Cengielle, Cengielle alte, Pollini bassa, Verzini, Durella secondo mosto di Galore e Pollini. La vinificazione del vino inizia con una macerazione sulle bucce per lo chardonnay, mentre pressatura diretta per la durella. La durella affina in legno mentre lo chardonnay rimane in acciaio sulle fecce sospese tutto il tempo. Assemblaggio a Marzo con breve riposo in bottiglia.

I 3 Sensi
Il Bianco dei Muni al naso presenta una notevole ricchezza olfattiva centrata su note di frutta matura dominata dalla mela cotogna dalla pesca gialla e dalla nespola, sulle quali si inseriscono sfumature floreali con il tiglio e il caprifoglio in primo piano esaltate da note di frutta secca, spezie fini e lievito biscottato. In bocca presenta una spiccata sapidità, legata alla macerazione con le bucce ed alla spiccata acidità espressa dall'uva Durella, unita ad una buona struttura e mineralità, che sfocia in una notevole lunghezza retrogustativa.AbbinamentiAccompagna perfettamente frittate, sformati di verdura e pesce azzurro grigliato o fritto. Ottimo anche su un coniglio in porchetta con carciofi e mele.
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Daniele Piccinin

Daniele Piccinin Muni

Daniele Piccinin fa un percorso inverso rispetto al consueto continuo del lavoro dei padri o talvolta dei nonni. Questa volta il produttore comincia dal cliente finale: parte dal mondo della ristorazione, si diploma in alberghiero e dopo qualche anno apre con un amico un ristorante che punta sulla cucina di ricerca, non tradizionale. Si trovano in cucina in due, entrambi chef, e si rendono conto che il vino ha un ruolo fondamentale per comunicare a 360° le loro idee creative, il bicchiere deve parlare la stessa lingua del piatto. A scegliere la sala è proprio Daniele che si appassiona al vino, approfondisce la teoria con corsi di sommelier e la pratica con degustazioni e attività in cantine dove fa  un vero e proprio lavoro/studio. L’obiettivo era ora capire come si fa il vino, come si trasforma l’uva e come arriva nel bicchiere dei suoi clienti per saperne tutto e per poterne raccontare al meglio le caratteristiche.

La curiosità diventa una vera passione e dal 2006 una filosofia di vita. Vende la sua parte di ristorante e acquista dei terreni intorno a una vecchia casa di famiglia.

Continua con la ricerca del non tradizionale anche in vigna: sceglie da subito di dedicarsi al vino in maniera del tutto naturale, con i suoi problemi, incertezze, esperimenti, ma poi tante soddisfazioni. Dice “ho imparato a fare vino…” e poi si corregge subito, “imparato…una parola grossa” c’è sempre da imparare, ma il primo insegnamento gli arriva proprio dalla natura stessa, sperimentare il meno possibile, perché ogni intervento è una manipolazione del frutto e della terra e il suo obiettivo principale è far si che dal suo vino si beva il territorio, tale e quale com’è. Vuole rendere giustizia a un vitigno sconosciuto ma autoctono, la Durella, una varietà che esiste da mille anni ma che rischia di andar persa. Anche questa scelta la dice tutta sulla sua determinata filosofia e profonda umiltà..

I suoi vigneti si estendono  3,5 ettari a San Giovani Ilarione in provincia di Verona, ai piedi della Lessinia nella valle d’Alpone (sul versante sud-est del monte Cimo, tra i 300 e 500 metri s.l.m.). La vallata è esposta da nord a sud e i due versanti sono estremamente diversi, uno ha suolo vulcanico, l’altro argillo-calcareo che permette vigorie e condizioni migliori per la Durella che Daniele coltiva.

La Durella è un vitigno medio tardivo, germoglia tardi, diversamente dallo Chardonnay, con cui taglia la Durella per poterla comunicare al mondo del vino con la giusta dignità. La raccolta va dalla prima decade di ottobre alla prima di novembre e questa sovra maturazione dell’uva rende al vino estrema complessità. L’acidità ha un ruolo fondamentale, da 2.9 di ph e da 7 a 11 di acidità.

Daniele è un altro di quelli che parla del suo vino come una creatura, da indirizzare all’inizio e poi da lasciar esprimere una volta seminate le basi. E come ogni creatura da tutelare, gli ostacoli e i pericoli ci sono sempre. I suo peggior nemico è l’ossigeno, non usa solforosa se non quando proprio è costretto, ma nell’esperienza ha compreso metodi per limitarla o escluderla completamente, con accorgimenti in fase di travaso che non alterano il gusto e non inquinano il vino.

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