Uva=Vino: è questa la formula matematica, l’uguaglianza da cui parte la Tenuta Lenzini, per descrivere le creazioni; frutti vivi, intensi, in grado di ricondurre, in qualunque luogo ed in qualunque tempo, alle assolate giornate di settembre, nei filari, in vendemmia; vini nei quali la natura prende forma e sostanza, e dove l’impatto dell’uomo diventa inesistente.
Questo deve essere il vino: realtà, verità… non il puro esercizio di stile di un enologo, ma la proiezione di un territorio, delle persone che lo lavorano e lo abitano.
E’ per questo che la Tenuta non stravolge ciò che gli elementi naturali donano ogni anno, si impegna così a preservarne l’autenticità, la loro espressione naturale: perché il calore, il colore, la ricchezza di un vino sono da ricercare prima di tutto in campagna e non in cantina.
Prima c’è il seme, poi il frutto, poi le mani che lo colgono; e sopra ad ogni cosa, la passione e l’amore per la terra.. Questa è “la viticoltura ragionata”, questa “l'enologia emozionale”; l’incontro tra cuore e mente, tra passione e verità; tra uomo e natura.
La Tenuta Lenzini si estende per 24 ettari nel paese di Gragnano nelle splendide colline lucchesi, nella cosiddetta Lucca Biodinamica, incastonata in un anfiteatro naturale che le fa da cornice, determinandone il particolare microclima.
Composta da 13 ha di vigneto e 4 di oliveto, la proprietà trova la sua origine nel XVI secolo. La proprietà dei coniugi Arnolfini, i famosi coniugi ritratti da Van Eyck nell’opera esposta al British Museum di Londra, fu sin dalle origini il fulcro produttivo per il vino e l’olio di questa parte di piana.
Qui passava anche la via francigena; le truppe napoleoniche ed i Bonaparte stessi camminavano in questi luoghi e questa è una delle ragioni, oltre alla innegabile vocazione internazionale del nostro terroir, per la quale si è scelto di piantare Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, Alicante Bouschet, rispettando le scelte fatte in passato in questo meraviglioso anfiteatro.
La storia recente della Tenuta inizia con Franco Lenzini, è lui che riesce a vedere più in la degli altri, scommettendo sulla rinascita di un luogo lasciato al più totale abbandono; operandone la ristrutturazione, fino a farla divenire ancora più affascinante.
In questa terra infatti è facile smarrirsi nel respiro di un tempo che fu; facile al calar del sole ritrovarsi ad ascoltare un silenzio che non ha età, ma che ha invece grande memoria.
Oggi alla guida dell’azienda ci sono Benedetta, la nipote di Franco e suo marito Michele Guarino, ogni giorno si impegnano per creare vini espressivi, vini in cui l’impatto dell’uomo diventa inesistente,e dove la natura prende forma e sostanza.
Dal 2007 l’azienda ha subito un profondo cambiamento: prima la conduzione biologica, poi l'inevitabile passaggio alla filosofia biodinamica.
Inevitabile, perchè diventa inevitabile il nostro interesse per una terra viva, vitale, in grado di dare frutti intensi, dalla grande capacità espressiva... e tutto senza l'ausilio di chimica, di artifizi.
Basta con le sostanze chimiche e di sintesi, basta con zolfo di origine petrolifera.
Ma è dopo l'incontro con la filosofia biodinamica che tutto cambia... il punto di vista di Benedetta e Michele subisce un sostanziale cambiamento... il focus non è più la pianta, ma il terreno dove essa vive, cresce, si nutre.
Ecco l'importanza di lavorare per stimolare la vitalità del terreno, perchè è il terreno il punto di partenza... e quindi lavorazioni profonde in autunno, seguite dalla semina di leguminose, crucifere e graminacee che verranno sfalciate in primavera.
Ed ancora, in autunno, viene distribuito il 500 preparato per dare l'ego, la personalità al nostro terreno, e per generare humus, la vita.
Nessuna concimazione.
In primavera invece si utilizza il 501, corno silice, per stimolare la fotosintesi delle nostre piante. Limitato uso di rame e zolfo, e tanto rispetto.
Lo stesso rispetto che c'è in cantina, dove le fermentazioni sono spontanee, riducendo al minimo l'uso di solfiti, in modo da non alterare il frutto che è e deve rimanere espressione del territorio: Gragnano. Affinamento in acciaio, cemento e legni non nuovi, affinchè il vino sia facilmente leggibile.
Tante sono le mani che collaborano per preservare la bellezza della tenuta.
Mani giovani e rapide, mani callose e calde.
Un oceano di dita che sfiora le piante, curandole con l’amore di un padre.
E ci sono visi, occhi, che ogni giorno vivono Gragnano come fosse la loro casa.
"Pietro Moretti, Luca Nesi, Italo Lazzerini, Giacomo Santucci; tre diverse generazioni che credono estenuamente in questo "angolo di Paradiso"; perché Gragnano è nostra, è loro". Benedetta e Michele ringraziano tutti loro.