Venendo da Lucca dopo aver attraversato il fiume Serchio ci si dirige a Borgo a Mozzano, con l’Abetone a Est e le mitiche Alpi Apuane a Ovest. Si parcheggia la macchina e ci si inoltra nel bosco per entrare nel mondo fatato di Macea e incontrare il folletto Cipriano Barsanti. Un paesaggio differente dalla Toscana più nota, molto più ostico; la vigna, dove c’è, è in pendenza massima. La famiglia di Cipriano possiede questa terra da prima della sua nascita. Si coltivava Montepulciano che faticava a maturare per le temperature basse. Si fecero delle scelte rivolte ai vitigni internazionali per necessità. L’attaccamento a questi luoghi è stato più forte delle avversità. Poi Cipriano è diventato enologo, e dopo alcune nobili esperienze è rientrato in azienda. Il clima è cambiato e da qui esce oggi uno dei pinot nero più interessanti d’Italia. Antonio è il fratello maggiore di Cipriano, rientrato in Garfagnana dopo una carriera da musicista in Europa; troppo attaccato a questi luoghi. Assieme vanno oltre la Biodinamica, oltre le politiche agricole, oltre la memoria contadina: le vigne crescono selvagge senza barbatella, in mezzo alle altre erbe spontanee. C’è una ricerca maniacale di antiche varietà locali che verranno impiantate anche in quella che potrebbe essere la vigna con più pendenza in Italia, proprio in mezzo al bosco. Ovviamente smentiscono tutte le leggi della natura contadina e lo fanno con una naturalezza e una consapevolezza proprie di chi questi luoghi li vive con l’anima. La cantina è micro per cui anche volendo non si può fare nessun intervento sui vini per questioni di spazio.