Quando nel 2015 Sandro Sangiorgi portò a Senigallia una batteria di Chenin Blanc di Loira, la maggior parte delle persone presenti non aveva idea di quali capacità questo vitigno si fregiasse.
Quella sera la sua versatilità enologica aveva stupito tutti gli assaggiatori.
Se consideriamo poi che Sandro è sempre stato un ispiratore e un anticipatore di stili, oltre che talent scout di vignaioli talentuosi, il detonatore di passione dentro ognuno di noi non ha tardato ad esplodere.
Ed eccoci che dopo 7 anni da quel magico incontro e con un desiderio nel cassetto da troppo tempo di partecipare ad uno dei saloni del vino più iconici, siamo partiti per visitare la regione della Loira e con due righe vorremmo trasportarvi e aprire una finestra di dialogo su questa area.
La Loira
Scegliere in un territorio così esteso (il fiume Loira scorre per circa 1000km) quale area visitare è difficile ma obbligatorio.
Dai Pais Nanteis con la loro influenza bordolese e del mare, alle aree vicine alla sorgente del fiume, diversamente di influenza borgognona, è venuto spontaneo tracciare la meta e concentrarsi sul territorio tra Saumur e Angers.
Non senza rammarico perché se è facile scartare a priori l’AOC Muscadet de Sevre et Maine o la Cote Roannaise, denominazioni minori con alcune punte di eccellenza, non lo sono altrettanto i comuni di Sancerre, Pouilly Fumè e Menetou Salon, vera patria del Sauvignon, o Vouvray importantissimo areale capace di far esprimere lo Chenin Blanc in tutte le sue forme, dai vini spumanti fino ai vino dolci.
Vi domanderete allora perchè istintivamente l’Anjou e il Saumoroise e la risposta sarà diretta: qui si producono oggi quasi esclusivamente vini secchi, senza alcun residuo di zucchero, con la premessa di facilitare lo studio e l’approfondimento sul terroir.
Ma forse perchè questa è l’area che meno si è assopita negli ultimi anni, richiamando molti giovanissimi vignaioli attratti perlopiù da vecchie vigne ad un costo ragionevolmente basso, collocate vicino a stupendi borghi medioevali e con la placida compagnia del grande fiume.
Potremmo anche dire in effetti che tutta la vita qui ruota attorno al fiume Loira e ai suoi affluenti. Ti accompagna durante gli spostamenti, viene nominato dalle persone del luogo quasi in ogni frase.
E’ stato per secoli l’unica via di comunicazione fino all’arrivo nell’ottocento della ferrovia, entrando in tutte le vicende politiche e sociali, commerciali e culturali.
Dicevamo appunto che nei primi anni 2000 si vedono fiorire espressioni eccelse di bianchi secchi da un territorio che è stato conosciuto per i suoi vini con residuo zuccherino.
Produttori come Mark Angeli, Patrick Baudoin, Richard Leroy, Stephane Bernaudeau, Benoit Courault hanno rinunciato alle muffe nobili allo scopo di preservare la purezza e l’equilibrio di questo vitigno.
Tutto favorito da una sfaccettata morfologia territoriale che si rivela nelle AOC di Bonnezeaux, Coteau du Layon, Savennieres.
Aoc Bonnezeaux
Partiamo da Bonnezeaux, che sorge sulla riva sinistra del fiume ed è caratterizzata da un territorio scistoso e arenario, con versanti ripidi che sovrastano il fiume Layon.
Aoc Coteau du Layon
Leggermente più a nord si trova l’AOP Coteau du Layon, risalente al 1950, che oggi più di altre mostra il suo grande potenziale di diversità. Solo nel comune di Rablay sur Layon sono stati individuati alcuni lieu-dit che stanno spopolando tra gli appassionati alla ricerca di rare eitchette: Noel de Montbeneault, Clos de Roulieres, Cocus, Les Aussigouins.
Attaccati tra loro in un raggio di qualche chilometro, con suoli che variano dal tuffeau, alle argille e scisti, fino a trovare degli affioramenti vulcanici sotto forma di blocchi di pietra scura (Montbeneault).
Aoc Savennieres
Appena sopra l’AOC Savennieres, prestigiosa e storica denominazione situata nel versante destro, con le vigne arroccate su un altopiano roccioso che sovrasta il fiume da 40 metri di altezza.
Le vigne sono abbarbicate su speroni rocciosi di scisto e arenarie, rioliti (altra pietra di formazione vulcanica), ma anche sabbie di origine eolica. All’interno della denominazione due parcelle d’eccezione, la Roche-aux-Moines e Coulée de Serrant.
Dobbiamo risalire all’era geologica del triassico o meglio durante le glaciazioni quando sul Massiccio Armoricano si appoggiò la placca Bretone causando una enorme frana che scivolò a valle facendo affiorare tutto questo materiale minerale.
Jasnieres il Domaine de Bellivieres
Abbiamo avuto la fortuna di poter visitare tre vignaioli molto differenti tra loro: a Jasnieres il Domaine de Belliviere di Eric e Christine Nicolas, arrivati n questa AOC situata più a nord alla fine degli anni ’80.
Nel coteau della denominazione, che oggi si estende per 6 km, c’erano solo poche vigne sparse coltivate tutte con un ampio uso di diserbanti e i due coniugi colsero subito la ricchezza del territorio e avviarono uno dei primi Domaine a profilo biodinamico della regione, diventando uno dei punti di riferimento per l’intera Loira.
Le vinificazioni “naturali” avvengono in barrique poste nelle cave troglodite scavate all’interno di quella roccia chiamata tuffeau. I vini ancora oggi vengono vinificati senza far svolgere tutti gli zuccheri in fermentazione e si producono dei moelleaux estremamente puri.
Ci siamo trovati di fronte ad una realtà che ha sensibilizzato il territorio e che oggi resta con fermezza sulle sue origini, seppur la richiesta di vino sempre più secchi e di spiccata acidità sia una costante.
Rablay sur Layon Thomas Batardiere
Nella seconda tappa in Anjou abbiamo avuto la fortuna di essere ricevuti da Thomas Batardiere a Rablay sur Layon, un giovane vignaiolo istallatosi qui nel 2012. La sua produzione conta appena 13000 bottiglie l’anno e i passi fatti in 10 anni sono stati ragionati e calibrati per poter sostenere il suo desiderio di fare vino.
Thomas viste le esigue quantità può permettersi una viticoltura più sana e pura possibile, la miglior strada per esaltare i territorio dove poggiano le sue vigne (Noel de Montbeneault, Cocus, Aussigouins).
Le vinificazioni in cantina stanno prendendo la strada desiderata, passando dall’acciaio scelto inizialmente per questioni economiche a tonneaux di rovere francese sui quali si svolgeranno tutte le fermentazioni e gli affinamenti.
Thomas Batardiere è un uomo di anima e riesce a trasmetterla anche nei suoi vini, da cui esce la sofficità dello chenin blanc che grazie al tocco magico di questo vignaiolo e non solo, si presenta subito con quel profumo di polvere rocciosa e fa esplodere il terroir .
Per una visione ancor più approfondita del vino della Valle cercavamo una visita da un produttore icona e così la fortuna ci ha portato da Stephane Bernaudeau.
Stephane Bernaudeau
Le sue bottiglie sono cosi rare e ricercate che eravamo un po’ in apprensione, invece ci si è presentato un personaggio unico, silenzioso e allo stesso tempo simpatico, che esprime con il volto tutto quello che deve dire.
Le prime bottiglie assaggiate ci hanno portato su una dimensione diversa dagli altri, costruita sul rischio, giocando sempre una partita al limite.
Les Nourissons, Les Onglés, Le Coqueries e in ultimo Les Terres Blanches tutti versati alla cieca hanno evidenziato quale potenziale questo vitigno nasconde dentro si sè.
Energia pura e sofficità assoluta contenuti in una sfera rocciosa.
La vera magia dello Chenin Blanc. Buon per noi che Bernaudeau è un ospite incredibile ma questa è un’altra storia.
Tirando le somme su questa destinazione ci troviamo convintissimi che il territorio è pieno di terroir e che un movimento giovane è già ben avviato.
La possibilità di esprimere il terroir quindi è concreta e sembra che lo si voglia fare con cautela, dosando i successi per non trovarsi subito sotto i riflettori e subire gli attacchi speculativi.
Qui sotto il gruppo e al centro il...(un aggettivo solo è impossibile) Jean Pierre Robinot.
A presto Loira!