Tutto ciò che forse non ti immagineresti mai del Prosecco
Vorrei un Prosecco! Quante volte lo abbiamo chiesto o ci è stato chiesto, molto spesso ci rendiamo conto che la mentalità collettiva lo associa a un qualsiasi spumante, diventato ormai stereotipo di bollicina, indipendentemente dalla sua Docg, zona di origine, vitigno, ma anche regione, a volte si sentono Prosecco delle Marche, del Piemonte, della Sicilia e chi ne ha più ne metta!
Se ha le bolle è un prosecco e dal nome sarà sicuramente un vino secco.
Quanto di più sbagliato in questa diffusissima idea, diffusa come il pregiudizio generalizzato di chi pensa che il prosecco sia solo ed esclusivamente un vino industriale, coltivato con agricoltura convenzionale, intensiva e invasiva.
In un certo senso il vino di questa zona del trevigiano, tra l’altro inaspettatamente stupenda (se non sei mai stato fidati, ne rimarrai stupito) ha avuto una storia alquanto simile alla zona di produzione del Lambrusco per l’Emilia Romagna e anche del Verdicchio per le Marche.
Un’antichissima tradizione contadina di vinificazione, seguita dall’avvento dell’industrializzazione in agricoltura con le sue tecniche volte principalmente alla produzione e consumo di massa che, se da un lato ne è conseguita la sua diffusione e fama nel mondo intero, dall’altro lato ne ha restituita una falsa identità di questo spumante, ma con tanto lavoro e notevole fatica, un pugno di vignaioli stanno da decenni lavorando affinchè il Prosecco ritorni alla sua origine, al suo ancestrale mondo, lontano dall’industria e da processi chimici, con una marcia in più dei loro padri o nonni, con esperienza sul campo preceduta da studi.
Dove siamo?
A questo punto, non ci resta che arrivare a Treviso, farsi un giro a naso per aria per la città e puntare il navigatore verso Valdobbiadene.
Della distesa di pianura coltivata a Glera, ovvero la parte di campagna che ha reso noto il prosecco nel mondo, non ne vedrete nemmeno per sbaglio un filare, la strada passa a nord e siamo già in collina. Condividiamo con voi una piccola parte della vasta zona di produzione, la più ricca, la più la più difficile ma anche la più magica. La morfologia del terreno qui, tra Vittorio Veneto verso Valdobbiadene, è tutt’altro che pianura, le distese sterminate di filari lasciano il posto a fazzoletti irregolari coltivati a vite spesso con piante vecchissime, che si inerpicano su pendenze estreme; il suolo sabbioso, argilloso lascia man mano il posto a suoli marnosi/calcarei: tutta un’altra storia!
Abbassiamo allora l’asticella di pregiudizio e facciamoci un tour per cantine, magari anche in bici, così che oltre alla pianura stra-trattata noteremmo tutti le salite… eccome se ce ne sono! E che pendenza poi! Talvolta raggiungono anche il intorno al 70%!
Facciamo un passo indietro e vediamo l’intera area a volo d’uccello.
Colosso del Veneto, sia per superficie vitata che per produzione, il Prosecco copre tutto il Veneto centrale e nord-orientale e tutto il Friuli-Venezia Giulia, il Prosecco è la DOC più prodotta in Italia e il vino spumante più venduto al mondo in termini di volume, superando lo Champagne dal 2013 e ad oggi continua a salire.
Un po' di storia
Fino a non tanto tempo fa, con Prosecco si chiamava sia la regione di produzione che l'uva utilizzata, dal 2009 Glera, secondo la normativa europea che tutela il Prosecco come denominazione geografica protetta.
Prosecco è il nome di una città della costa triestina da dove partì il suo nome: i triestini in cambio di protezione dagli Asburgo, offrivano il loro vino locale.
La prima produzione di Prosecco, in termini di spumantizzazione tradizionale, avvenne nel 1873 per mano di Antonio Carpenè che, qualche anno dopo, fondò a Conegliano la prima scuola di enologia in Italia.
La vinificazione
Fino a circa gli anni ’30 si vinificava solo ed esclusivamente con metodo tradizionale, poi la rapida evoluzione: la prima autoclave rudimentale risale al 1852 per mano del chimico francese E.J. Maumené, successivamente affinato con vasche di legno e brevettato per scopi commerciali dall'enologo astigiano Federico Martinotti nel 1895. Sarà necessario attendere il 1907 e la rivoluzione industriale, quando per la prima volta l'agronomo francese Jean-Eugène Charmat utilizzò serbatoi in acciaio inox. Il metodo Charmat o Martinotti è il metodo più utilizzato per la produzione di Prosecco.
A differenza dello Champagne, della Franciacorta e di tutti i metodo classico più in generale, il carattere dell’uva, già di tipologia semi-aromatica, gioca un ruolo fondamentale: a differenza delle varietà di uve neutre utilizzate per i metodo classico, che passano molto tempo sui lieviti attraverso l'autolisi e il processo di vinificazione, è la vinificazione stessa ad avere maggior peso sul carattere finale dei vini, mentre i vini prodotti in vasca enfatizzano maggiormente il carattere fruttato e floreale della Glera, che non viene inficiata al gusto dal carattere dei lieviti ma anzi, ne viene espressa tutta la sua varietà floreale e fruttata.
Inoltre la vinificazione in vasche di grandi dimensioni è meno laboriosa e di conseguenza meno costosa rispetto alla doppia del metodo classico, senza svinatura e sboccatura, il costo gestionale è di gran lunga inferiore. Ciò è stato il primo elemento che ha contribuito alla diffusione e alla popolarità del Prosecco.
Vitigni e caratteristiche del Prosecco
Veniamo alle uve: Il Prosecco DOC si ottiene con almeno l'85% di Glera, mentre il restante 15% può essere costituito da Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Chardonnay, Perera, Glera Lunga, Pinot Bianco, Pinot Grigio e/o Pinot Nero.
Due varietà affini, la Glera Lunga e la più comune Glera Tonda, sono spesso piantate insieme e assemblate nei vini Prosecco.
Glera tonda, grappolo grande, piramidale e spargolo, acino sferico, puntinato, buccia sottile e aromatica. Al naso è un armonico e avvolgente glicine, il succo è una delicata frutta gialla.
Glera lunga: grappolo piramidale, fitto, l’acino è allungato, al gusto è vegetale, agrumato e speziato.
Perera o uva della Madonna: delicata e imprevedibile, si adatta meno facilmente. Grappolo piramidale, alato, spargolo; l’acino è tondo, giallo, polposo e con buccia spessa.
Il carattere deciso conferisce ricchezza ed estro, ha una fresca vitalità, un frutto che ricorda la pera e al naso è fiorito come una rosa fresca di rugiada.
Verdiso: grappolo piramidale, fitto, acino allungato, verde, fresco, balsamico e croccante.
La Bianchetta: grappolo corto, compatto con ali sviluppate. Acino tondo, pruinoso, dorato con sfumature rosate. Carattere gentile, grazioso e delicatamente speziato.
I dosaggi possono variare da brut nature a demi-sec, ma la maggior parte dei vini ha un residuo zuccherino e rientra nelle categorie extra dry e dry.
Sono ammessi altri stili, come la rifermentazione in bottiglia: troveremo la dicitura sui lieviti o col fondo, lo stile simile al pét-nat, permette il contatto e la permanenza dei lieviti in bottiglia, senza svinatura né sboccatura. Nello stile sarà in un certo senso più rustico e autentico, a volte torbido e mai ruffiano.
Dal 2020 si aggiunge anche il Prosecco rosato, consentito solo per la Doc, con un 10%-15% di Pinot Nero aggiunto all'85% di Glera e possono variare da brut nature a extra dry.
Tutta l'area del Prosecco DOC è talmente vasta (copre 556 comuni delle nove province) che è molto complesso definire caratteristiche generali di clima, territorio e conseguente qualità. Il clima è prevalentemente continentale, influenzato delle Alpi e dal Mare Adriatico, il territorio più esteso è pianeggiante, molto fertile e produce vini semplici e ad alta resa, come quelli provenienti dalle due sottozone Treviso (95 comuni) e Trieste.
L'affascinante zona delle colline
La zona più affascinante è quella delle DOCG, la zona delle colline. Si ergono dalla pianura nella parte nord-occidentale della provincia di Treviso, dividendosi nella meno diffusa Asolo Prosecco DOCG (zona più nota per la produzione di vini rossi) e in Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG che detiene la quasi totalità della produzione.
In etichetta possono riportare o meno Superiore e Prosecco, il nome della denominazione completa o anche semplicemente Valdobbiadene o Conegliano purchè provengano da uno dei due comuni.
Le colline disegnano un cordone di ciglioni inerbiti e nell’insieme un paesaggio agrario a mosaico di estrema bellezza.
Si estendono da Conegliano a est fino a Valdobbiadene a ovest, su un'altitudine dai 50 ai 550 metri, in alcuni casi con pendenze estremamente ripide.
L’ottima ventilazione previene umidità e marcescenza dell'uva, le Dolomiti bloccano i venti freddi da nord e aiutano a prevenire le gelate primaverili, mentre la pianura e la laguna di Venezia portano brezze più calde da sud. Poi c’è l’azione di ritorno del vento: l'aria fredda dalla colline defluisce verso le valli, mentre le medie pendici delle colline trattengono il calore. Il calore e l'esposizione al sole sono decisivi per la maturazione dell'uva e la conseguente espressività aromatica della Glera.
Il versante ovest del Valdobbiadene, è più fresco e ripido ad altitudini più elevate, dove i vini tendono ad essere più floreali, profumati e profondi, mentre il versante a est di Conegliano è più caldo e più basso di altimetria, per cui i vini tendono ad essere più corposi e speziati. I terreni di Valdobbiadene sono prevalentemente marne e conglomerati, con un ottimo drenaggio sui pendii ripidi, mentre quelli di Conegliano sono prevalentemente morenici o argillosi.
A determinare la DOCG è la raccolta delle uve nei vigneti delle 43 rive, contrade o MGA, che possono comparire sulle etichette dei soli vini spumanti, rese molto basse, vendemmia manuale (in ogni caso piuttosto scontata vista la vertiginosa pendenza) e volume alcolico non sopra gli 11,5%.
Per meglio comprendere la verticalità dei vigneti e tutto ciò che ne comporta in agricoltura, basti pensare che un prosecco della pianura generalmente richiede circa 120 ore di lavoro per ettaro, contro le 800/900 ore della collina.
La punta di diamante del Prosecco: il Cartizze
La parte più aulica ed eccezionale in assoluto è il Cartizze: si estende vicino a Valdobbiadene per 107 ettari coltivati da un centinaio di agricoltori, così apprezzato che fino a poco tempo fa era il terreno viticolo più costoso d'Italia, secondo solo a Barolo. I ripidi pendii con gradazione media di 35% e massima di 60%, sono tutti esposti a sud, hanno una perfetta irradiazione ed esposizione al calore e l’unica divisione, anche se non certificata, è in base all’altimetria e alla conseguente caratterizzazione dei suoli: più ci si alza più i terreni si arricchiscono di minerali, marne rocciose, ciottoli e, a causa del ritorno dell’aria, la zona più in basso è più fredda e la più in alto è più calda ma, altitudine e sbalzi termici giorno/notte permettono alle uve di mantenere comunque un elevato livello di acidità.
I Cartizze sono profondi e persistenti, con residuo zuccherino in genere tra 17-32 grammi litro ma perfettamente equilibrato dal frutto e dalla ampia gamma aromatica. La resa è la più bassa dell’area: 12 tonnellate per ettaro mentre è uguale il volume alcolemico (11,50% come nelle rive)
Tutto questo rappresenta un’area da custodire, la varietà di uve simbolo di un luogo ed espressione di progetti enologici che si rifanno sempre ai vecchi saperi. Una ricca diversità autoctona da conservare, valorizzare e soprattutto difendere dal sopravvento di vitigni internazionali. Un luogo dove l’equilibrio tra produzione e consumo è sottile ma è anche la sua forza, perché in mezzo si pone la bellezza paesaggistica da difendere come un’inestimabile eredità della natura.
Nel 2019 le colline sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Non vi abbiamo ancora parlato di una tipologia di Prosecco davvero incredibile: i rifermentati in bottiglia, ovvero l'origine del Prosecco, come si vinificava in passato. Briosi, freschi, enrgici, un vero e proprio alimento più che una bevanda, per il corpo e anche per lo spirito, perchè richiama proprio lo stare insieme, la convivialità e la spensieratezza, poco non è!
Però ciò merita un capitolo a parte, quindi seguici per saperne di più!
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